Cos’è il linguaggio inclusivo?
Ecco la definizione di Alice Orrù: Il linguaggio inclusivo è libero da parole, frasi o toni che riflettono opinioni pregiudizievoli, stereotipate o discriminatorie verso determinati gruppi di persone.
Quindi è importante per l’accessibilità?
Certo che è importante, perché l’accessibilità è fatta di persone che, per alcuni aspetti della propria vita, possono essere escluse.
Come fare per migliorare il linguaggio?
Lavoriamo sull’inclusione. Ad esempio, se stiamo parlando di accessibilità, che parole sarebbe meglio usare?
- Disabile: sbagliato. In questo caso stiamo portando l’attenzione sulla disabilità e non sulla persona, ma la disabilità è una caratteristica della persona, non è la persona in sé.
- Persona disabile: si può fare meglio perché rimane l’aspetto limitante;
- Persona con disabilità: meglio, perché è la persona CON una caratteristica. In generale è consigliato usare queste parole.
Ci sono parole migliori? La persona prima di tutto
Documentandomi ho trovato definizioni e approcci diversi. Non esistono soluzioni corrette al 100% perché dipende dal linguaggio che cambia, dalla società, dalla cultura, dalla sensibilità di ognuno. Basta leggere i commenti in qualsiasi articolo sull’inclusione per capirlo. Si pensa di essere nel giusto e invece… Non ha a che fare con la proprietà :focus del sito, ha a che fare con la nostra complessità.
Citando Salvatore Triolo (presidente Ente Nazionale Sordi Milano): “ognuno è unico”. Quindi ognuno potrebbe reagire in modi unici.
Possiamo usare un approccio migliore
Domandare, Chiamare con Nome e Cognome (ciao Antò!), Approfondire, Parlare e Ascoltare, Cercare di capire, Empatizzare, ma fare pure umorismo ????. E così non si escluderà mai. Consideriamo che, in Italia, ci sono almeno 3 milioni di persone con disabilità (5,2% secondo ISTAT 2019). Se aggiungiamo le limitazioni non gravi, superiamo il 20% (1 su 5).